venerdì 5 agosto 2011

Personaggi illustri!


Il testo in colore nero è quello dell'intervento dell' avvocato Ragusa ad un congresso.
In blù sono le mie considerazioni personali.


GIAMPIERO RAGUSA, “CORMORANO SICOMORO”, AVVOCATO.

"La funzione della norma in un sistema solidale di valori condivisi"
Già il titolo da per scontato due concetti, come un qualcosa di già conquistato. Che giustifica la presenza della norma, altro concetto però non ben definito.

Per affrontare adeguatamente il tema del mio intervento non si può prescindere da un dato di partenza ideale-pratico. Coloro che iniziarono l’esperienza di Damanhur e coloro che ancora oggi vi aderiscono hanno un obiettivo semplice ma chiaro: la costruzione di una società e non semplicemente il sopravvivere in, o – peggio - subire una società in cui ci si è trovati per caso.
In questa affermazione, si denota un abbozzo di razzismo, inteso come la selezione di una razza pura, privilegiata, cioè “coloro che ancora aderiscono”. Ed una ingiusta e generalizzante critica alla società, cui la sua comunità attinge però sia alle risorse economiche (5Xmille) sia alle agevolazioni per le associazioni, che lui definisce come subire.
In buona sostanza esiste un obiettivo comune, che non è però solo il convivere, e farlo possibilmente pacificamente, ma convivere andando insieme nella stessa direzione. In questa costruzione comune un elemento fondante è costituito dalla concezione spirituale. Una concezione che ipotizza l’esistenza di un vero e proprio eco-sistema spirituale, in cui vi è una costante commistione tra trascendenza ed immanenza. La conseguenza sul piano filosofico-giuridico è che il sistema del diritto damanhuriano può essere definito, prendendo a prestito due grandi categorie coniate dagli studi di filosofia del diritto, sia “giusnaturalista” sia “giuspositivista”.
Si cerca con ogni mezzo di enfatizzare la realtà comunitaria di appartenenza collegando il “diritto damanhuriano” che però non può esistere in quanto è una esperienza in divenire, una teoriase vogliamo, con la filosofia del diritto. E' un metodo abile quello di cucire proposte ideologiche con elaborati più ampi per sostenere le proprie tesi.
Dal giusnaturalismo mutua il rifarsi a idee e principi in qualche modo validi e riconoscibili per tutta l’umanità, da cui dedurre poi direttive pratiche di comportamento. Tra l’altro questa corrente, che pareva superata ai primi del Novecento, non essendoci alcun accordo sui principi-base, ha trovato nuovo vigore in tempi più recenti soprattutto in campo internazionale - penso ai “crimini contro l’umanità”, alla giustificazione teorica del Tribunale Penale Internazionale - ma fa capolino in qualche modo anche nella Costituzione Italiana, all’art.2 “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo” e all’art. 29 “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale…”.
Dal giuspositivismo mutua l’idea che le norme sono quelle che regolano praticamente la convivenza quotidiana e quindi i principi si possono indurre da queste. Per di più esse si modificano con il tempo e con il variare delle situazioni contingenti: si potrebbe dire che la concezione damanhuriana si avvicina di più alla teoria del “costruttivismo” giuridico: corrente di pensiero secondo cui contemporaneamente osserviamo e modifichiamo, influenziamo e
veniamo influenzati, interpretiamo e creiamo; la realtà è allo stesso tempo scoperta ed inventata, osservata e costruita; noi non siamo completamente liberi, ma non siamo neanche completamente vincolati; subiamo pesanti interferenze dalla realtà, ma interveniamo pesantemente a modificarla.
Ne risulta una concezione molto dinamica, che spiega anche la circostanza che la Costituzione damanhuriana in trent’anni sia stata rinnovata più volte fino a giungere oggi alla decima edizione: non tanto nei principi fondanti, ma nei mezzi attraverso i quali raggiungere gli scopi ideali, facendosi forza della esperienza, delle mutate condizioni, ecc.
Con questa arringa si finisce ancora col sottolineare preconcetti come la validità di un evento materiale o di una ideologia che si protrae nel tempo, ciò è dovuto ovviamente ad una percezione limitata dello stesso, cioè si riferisce al tempo presente, tempo in cui è ancora in sperimentazione una teoria. Quindi non stiamo trattando niente.
La definizione più comune della funzione di una norma giuridica è quella di “risolvere un possibile conflitto di interessi”, cioè stabilire quale degli interessi deve essere protetto e quale deve essere piegato.
Ma in una società solidale, formata da un numero di componenti che tra loro si conoscono ed hanno rapporti di interazione, dove vi è rapporto diretto tra il singolo soggetto sociale e la istituzione che si è scelto, dove le norme sono conosciute da tutti, la norma assume un’altra funzione: quella di indirizzare ed orientare i comportamenti al fine di aumentare la qualità della vita.
Non ha caso nella comunità cui appartiene il sig. Ragusa si è dovuto intervenire chiedendo alle persone di formalizzare su carta ogni rapporto al fine di evitare classiche incomprensioni da eccesso di fiducia che quando si concretizzavano su aspetti economici, ognuno voleva le proprie ragioni.
Le leggi, in Italia in particolare e nel mondo, tendono sempre ad aumentare: è la conseguenza solo di una maggiore complessità della società o è la spia di qualcos'altro?  Ipotesi: forse è il frutto della perdita della capacità di indirizzo. Le istituzioni non incarnano i principi e quindi perdono la possibilità di guidare. Le leggi, il diritto oggi rincorrono le situazioni, delimitano lo spazio della libertà individuale, costituiscono semplicemente un semaforo che ti dice dove passare e dove non passare. Laddove invece permane una più stretta connessione tra etica e diritto, le leggi sono in grado di indirizzare ed orientare i comportamenti, aumentando la qualità della vita.
Nuovamente una critica al sistema, anche poco garbata, nel senso che le leggi e le norme aumentano sicuramente in conseguenza della complessità sociale, ma sono gli operatori e la loro volontà di creare un tessuto sociale migliore a farne la differenza. Giustificare gli insuccessi attribuendo responsabilità ad "istituzioni" di cui si fa parte mi sembra sconveniente.
Questo funziona però dove viene mantenuta una relazione diretta tra gli individui appartenenti alla collettività, e dove tra gli individui e le istituzioni c’è riconoscimento reciproco. Il sistema quindi, anche normativo, è riproducibile su società di un numero limitato di persone. Perché, anche in una piccola società, c’è la necessità di prevedere delle norme? Perché le regole condivise danno vita all’organismo, regolano il sistema di comunicazione, costituiscono il sistema circolatorio dell’organismo stesso.
Quando affrontiamo tematiche complesse che riguardano le relazioni tra individui si dovrebbe sempre dedicare qualche parola in più per descrivere il tipo di rapporto, è economico? E' animico? E' parentelare? E' di potere? Di prestigio? Il rapporto umano è sempre governato dalle necessità intime e sottolineare che ci debba essere anche la stessa relazione con le istituzioni comunitarie, signica che la sperimentazione è ancora molto acerba.
Nel nostro sistema c’è un originale strumento di crescita personale: quello che viene chiamato “legge individuale”, anche se apparentemente è improprio, dovendo essere le leggi per definizione generali ed astratte. Essa nacque come mezzo utile a migliorare comportamenti personali senza dover necessariamente creare delle norme generali, ma successivamente fu utilizzata anche come stimolo allo sviluppo dei pregi e dei talenti insiti in ciascuno. Lo sviluppo delle leggi individuali dovrebbe condurre all’ideale abolizione di leggi generali e alla loro sostituzione appunto con le sole leggi individuali: in una società evoluta le regole di convivenza comuni non dovrebbero necessitare più di codificazioni perché unanimemente riconosciute e rispettate, mentre la peculiarità di ciascuno dovrebbe rendere possibile la scelta di leggi personali per il sempre maggiore affinamento personale e collettivo.
Quindi in buona sostanza, le leggi o le norme scritte o dettate oralmente servono a regolare comunque la convivenza tra diversi individui e la scelta di operare leggi personali per lo sviluppo della persona è sempre una norma che in qualche modo delinea comportamenti da seguire. Niente di nuovo sotto il sole.
In un tale sistema sociale quindi le leggi individuali – “ad personam” - non sono fatte per favorire qualcuno a scapito di altri ma per accrescere le possibilità di ognuno: aumentano la libertà individuale perché, accrescendo le proprie possibilità, in realtà il singolo aumenta la possibilità di azione e quindi, in ultima analisi, la propria libertà. E qui veniamo all’idea di comunità, uno dei connotati della quale è proprio la sua composizione non fatta di un numero indefinito di individui, ma da un numero in qualche modo circoscritto.
In Italia c’è una ricchissima esperienza storica di tradizioni “comunitarie”, le quali peraltro – tranne quelle di matrice cattolica- hanno subito tutte una brutta fine: tant’è che nell’ordinamento c’è un vuoto normativo perché l’ordinamento non fornisce lo strumento giuridico adatto per consentire al movimento comunitario di manifestarsi oggi con pienezza.
Di nuovo si ricalca il concetto che un evento per essere vero deve durare nel tempo, tuttavia si evidenzia che anche quelle di matrice cattolica perdurano, sulla “brutta fine” di qualche altra, mi piacerebbe che si usasse però dei toni diversi più pacati e meno terroristici, peraltro lasciando tutto molto sul vago. Una cosa che termina, ha concluso la sua esistenza, sia come evento che come oggetto e nessuno tranne chi vi ha partecipato si può esprimere.
E qui vorrei spendere poche parole per sgombrare il campo da un equivoco terminologico, ma che ha una forte matrice ideologica: spesso le esperienze circoscritte ad un numero limitato di persone, che magari costituiscono anche qualcosa di diverso dalla normalità, vengono con faciloneria, o peggio con voluto intento denigratorio, definite “sette”: l’etimologia deriva infatti dalla parola “separare”, intendendo così chi si pone in termini di frattura, quasi in antitesi con il vivere civile normale.
Per la serie, la mia propaganda va oltre il concetto del tema principale ricordo che il termine “setta” significa anche seguire, cioè seguire un maestro. Di fatto le comunità per loro stessa ammissione sostengono la frattura col vivere civile normale. Anche se bisognerebbe far capire bene a queste persone che si fregiano di titoloni e modelli di civiltà evoluti, che il loro numero è estremamente esiguo e forse si dovrebbero chiedersi il perché di ciò. Io sono un sostenitore del vivere civile normale, fintanto che esisteranno realtà presuntuose, rappresentate da persone presuntuose che mangiano nello stesso piatto in cui sputano. Che vivono la loro realtà illudendosi di creare qualcosa di nuovo, ma che nel contempo non si fanno mancare nulla, perché si sa la strada della verità è lunga e difficile e crearsi una posizione comoda e economicamente agiata, permette di affrontare meglio le avversità.
Ma la comunità è tutt’altro che una setta: se la scriminante infatti è la chiusura in se stessi rispetto alla capacità di apertura al resto delle esperienze e delle idee con il confronto e la sinergia, allora esperienze come Damanhur solo strumentalmente - e direi dolosamente - possono essere definite “sette”.
La nostra è una comunità perché si rapporta continuamente e su mille fronti diversi con altre realtà, non pretendendo di esprimere “la” verità o “tutte le verità”: è più setta la nostra comunità o una religione che si assume portatrice dell’unica verità possibile? Inoltre, in una setta c’è poco rinnovamento e si tende alla segretezza.
Infatti siete stati per anni chiusi col segreto del tempio e siete solo oggi palesati ma non da un atto di volontà, ma dal tradimento di uno dei vostri fratelli. Che adesso per comodità usiate gli stessi metodi della chiesa cattolica che riscrive la sua storia, vedi anche Orwell 1984. In quanto al presunto rinnovamento, non capisco cosa ci sia di così diverso tra la vostra realtà e una altra società, forse è solo la vostra idea. Siete strutturati con un sistema piramidale di potere formato dalla vostra guida spirituale, gli organi del governo, ed il populino.
Da noi invece il rinnovamento è continuo – si veda ad esempio il costante adeguamento della Costituzione – ed oltretutto sempre in una chiave pubblica. Infine può definirsi una setta una realtà che, invece di preferire agire nell’ombra, cerca un riconoscimento istituzionale attraverso un necessario confronto?
Riconoscimento che oltretutto comporta una necessaria trasparenza nonché la collaborazione con le istituzioni?
Un ultimo dato: con il nostro corpo di norme siamo facilmente “leggibili” da chi è al di fuori di tale esperienza: è questo il sintomo della esistenza di una setta?
Stiamo parlando del corpo di leggi sociali le quali però fanno capo a quelle molto occulte della scuola di meditazione. Mi spiego meglio, io sempre affascinato da queste modalità semplicistiche di propaganda ed è buffo quando si esprime un concetto di trasparenza a metà. Io pubblicizzo la mia bottiglia di vetro trasparente, perché si vede il contenuto al suo interno, perché è igienico, é un materiale naturale e riciclabile, abbiamo disegnato noi la forma della bottiglia osservate il colore del suo contenuto è giallo! E così enfatizzando l'aspetto del contenitore che rappresenta la filosofia di qualsiasi gruppo si omette la parte più importante cioè il contenuto, che in questo caso potrebbe essere birra, limonata, cedrata, lime, pipì, acqua colorata, ma contiene un liquido? Etc.etc. Ad ognuno la buona volontà di separare, “uno sarà preso l'altro lasciato”
Posto quindi che “comunità” non significa separatismo o secessione da una convivenza più ampia, possiamo affermare che l’applicazione del nostro sistema è coerente con quella dello Stato nazionale: non si pone né in antitesi né in conflittualità rispetto ai teorici fini di quest’ultimo, che sono quelli di garantire comunque il benessere ed il convivere civile dei suoi abitanti.
Sono d'accordo con te se questa affermazione venisse detta da qualcuno che non è della tua comunità, ma ti sei reso conto di essere uscito dal tema principale?
Molti dei risultati raggiunti dalla comunità - tutela del territorio, riduzione dei costi sociali, ecc. - sono obiettivi che dovrebbero essere propri dello Stato: in altre parole, gli obiettivi dell’intervento della comunità sono sovrapponibili a quelli della pubblica amministrazione perché non perseguono fini di propria esclusiva utilità ma hanno di mira gli stessi risultati perseguiti dall’intervento pubblico.
E come si spiega la concessione di costruzione ad un terreno di proprietà, che sorge davanti al centro commerciale di proprieta, dove si sta ultimando la costruzione della piazza mercatale proprio in mezzo e che la costruzione delle abitazione è stata affidata ad una azienda della tua comunità, se tutto ciò per te è non perseguire fini di propria esclusiva utilità, allora forniscimi altre spiegazioni.
Ed oggi abbiamo un forte addentellato costituzionale che stabilisce un principio importante a cui ancorare le scelte normative relative alle Comunità: si tratta dell’art. 118 della Costituzione Italiana, il cui IV ed ultimo comma recita testualmente: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. Il principio di sussidiarietà è proprio quello che rende superfluo l’intervento pubblico laddove il fine perseguito può essere raggiunto già dall’iniziativa del privato, il quale può essere incentivato e favorito nell’interesse pubblico, con notevole risparmio, tra l’altro, di costi economici. Questa visione non è separatismo ma collaborazione e integrazione con lo Stato.
ancorare le scelte normative relative alle Comunità” sull'articolo 118, questo modo di pensare, questa filosofia forse solo maldestramente esplicata anche con leggerezza mi fa pensare ad una pianta rampicante che vive assorbendo il nutrimento dall'albero. Percui confonde il suo diritto di vivere utilizzando però solo il materiale che può predare.

La giustizia nella comunità di damanhur si esprime solo attraverso la rigida disciplina della scuola esoterica, cui pochi conoscono. Le regole non sono discutibili e la mancata osservanza porta direttamente all'esclusione dalla vita sociale e della scuola, in pratica sei fuori.



Impariamo a leggere le notizie!


La Protezione Civile alle ronde notturne contro i ladri.
Convocati i volontari a Vidracco, in Valchiusella
di Alessandro Previati
Torino


Il paese difende la scelta: «In realtà così piccole
si deve contare su tutti gli strumenti possibili»


Quindici furti in abitazioni e una mezza dozzina di truffe ai danni di anziani. Tutto nel giro di una settimana. Numeri che, altrove, rientrerebbero nella media. Non qui. Dove ci vogliono tre paesi per superare di un soffio i 1.500 abitanti. Nella terra dei Damanhur, all'imbocco della Valchiusella, la gente ha paura. L'ultima ondata di microcriminalità ha messo a dura prova la proverbiale tranquillità dell’intera vallata. Così i sindaci studiano le contromosse. A Vidracco, 543 abitanti, il primo cittadino Antonio Bernini ha convocato un'assemblea pubblica per valutare con i compaesani la situazione. E agire di conseguenza. «Ci dobbiamo affidare al volontariato - spiega il sindaco - le risorse economiche sono pochissime ma vogliamo comunque dare il nostro contributo». L'idea proposta durante l'assemblea è piuttosto semplice ma rappresenta, nel contesto della Valchiusella, una vera e propria svolta. Organizzare dei servizi con la protezione civile, anche di notte, per garantire un maggiore pattugliamento del territorio. Ma guai a bollarle come «ronde». «Non vogliamo scivolare nell’esperienza negativa delle ronde padane - spiega il vicesindaco Roberto Sparagio - il nostro obiettivo, in collaborazione con le forze dell’ordine, è istituzionalizzare il servizio. Per questo è opportuno coinvolgere i volontari della protezione civile».
A Vidracco, oltretutto, si tratterebbe di un pattugliamento preventivo. Il piccolo centro, sede della comunità Damanhur, è stato fin qui risparmiato dai ladri. A farne le spese, a suon di furti, i confinanti Comuni di Baldissero e Vistrorio. «Ladri esperti hanno messo a segno i colpi nelle abitazioni - continua il sindaco Bernini - è stato un caso se non si sono verificati anche da noi». Il Comune ha anche proposto, sempre con l'ausilio dei volontari, un originale servizio per la sicurezza dei pensionati, vittime principali dei truffatori. Un incaricato di palazzo civico, accompagnerà gli anziani prima a ritirare la pensione in posta, poi direttamente a casa.
«Sono accorgimenti che potrebbero essere molto efficaci - conclude il primo cittadino - un piccolo paese, rispetto ad una grande città, deve poter contare su questi strumenti, oltre che sulla collaborazione di tutti i suoi abitanti». Anche per questo, nei giorni scorsi, l'amministrazione ha spedito ad ogni famiglia di Vidracco una lettera con un monito: «Tenete gli occhi bene aperti». Dal momento che si tratta di un problema generalizzato, l'auspicio è quello di ottenere l'aiuto anche dei Comuni vicini. «Si tratta di una proposta da valutare attentamente - dice il sindaco di Vistrorio, Federico Steffenina - personalmente ho un po' il timore di tutto ciò che assomiglia a una ronda padana. Il problema è che lo Stato ha sbandierato la sicurezza dei cittadini come priorità ma, concretamente, non ha fatto nulla e ha lasciato i Comuni a sbrigarsela da soli».
A conferma che il clima in Valchiusella è cambiato, anche a Vistrorio si è dovuti correre ai ripari contro i furti. «Potrà sembrare strano, ma non abbiamo mai chiuso il nostro cimitero nelle ore notturne - ammette Steffenina - da qualche tempo, però, di fronte ai continui furti di rame dalle tombe, siamo stati costretti a serrare i cancelli. E’ il segnale che molte cose sono cambiate. In peggio».
Fine

Impariamo a leggere le notizie!
Corso gratuito di dissimulazione e contenuti subliminali

Di nuovo la propaganda dei damanhur, lo sanno anche i ladri Esperti che nella comunità ed in ogni loro casa, c'è sempre qualcuno che presenzia il posto e la notte ci sono i turni di guardia, perlomeno nella loro “Capitale” ed al centro commerciale, in Vidracco. Lo sanno tutti che nei momenti critici, la polizia dei damanhur esegue vere e propri turni di ronda notturna e/o diurna. Ma si sa' tutto fa' per farsi una sana pubblicità, si sottolinea che sono avvenuti furti nei paesi circostanti, che è una situazione da vagliare. Ma che si può ovviare se utiliziamo per la sorveglianza un corpo di volontari come quelli della protezione civile. Anche il vicesindaco di Vidracco è d'accordo purchè non si chiamino “ronde” perchè un pattugliamento in collaborazione con la protezione civile non deve chiamarsi con quel nome, fa la stessa funzione ma non si deve chiamare con quel nome, capito? Un conto è dire “ti ammazzo” un'altro è “Ti tolgo la vita”. (quei zero tituli...) Riepilogando, I damanhur offrono soluzioni ai paesi limitrofi in quanto loro non colpiti da questa disgrazia già da tempo perchè si erano già organizzati per loro conto. Ma quel filo di attenzione e comunione nelle avversità per cercare di accreditarsi una nuova fama, per cercare di farsi notare sotto una nuova luce!

COMING SOON!

Un poco di Humor, assolutamente sconsigliato ai permalosi ed agli estremisti! Ma se l'umorismo non fa' per voi andateci a vivere...